Categorie
Design

Il significato di una bandiera

18 novembre 2015  |  Graziano Giacani

il significato di una bandiera

Quando vogliamo esprimere il nostro cordoglio, c’è differenza fra accendere una candela alla finestra e adottare una bandiera come immagine del profilo su Facebook?

Apparentemente no: sembrerebbero due modi equivalenti per esprimere vicinanza dinanzi ad un evento che ci ha toccato dentro. In realtà, ad un’analisi più profonda emerge una grande differenza. Se accendere una candela rappresenta un gesto di rispetto che proviamo nei confronti di chi sta vivendo un lutto doloroso, adottare una bandiera, invece, significa anche condividere tutti i valori che un simbolo esprime.

La bandiera è la tipologia di simbolo che grazie all’astrattismo riesce a contenere significati complessi come la storia, la politica, il credo e tutte le azioni di un gruppo sociale. Da sempre la bandiera è stata utilizzata per rappresentare l’ideologia di famiglie, territori e movimenti. Per quale motivo questo compito cruciale è stato affidato a un oggetto del genere? Semplice: perché la bandiera è sempre stato un elemento facile da trasportare e da collocare nei punti strategici per essere ben visibile a tutti. La bandiera moderna spesso si basa sull’accostamento di colori: una semplificazione che ne facilita la riproducibilità con qualsiasi materiale (e basso costo), favorendo la dimostrazione del consenso di massa.

Un simbolo preesistente come una bandiera non può rappresentare il sentimento del presente, senza caricarsi di quelli del passato e a del futuro. Dobbiamo essere cauti e fare attenzione al modo in cui esterniamo il nostro sentire su piattaforme come i Social Network. Corriamo il rischio di adottare significati che non conosciamo e non condividiamo, corriamo il rischio di schierarci inconsapevolmente e di amplificare un consenso che non ci appartiene.

Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it

Categorie
Branding Design

Quando il marchio prende vita

5 settembre 2013  |  Graziano Giacani

quando il marchio prende vita

Empatia e istituzionalità verso i propri potenziali clienti: la comunicazione inizia qui. Spesso il ruolo istituzionale è svolto dal marchio, mentre l’empatia è più trasmessa dal testimonial, da campagne pubblicitarie, dalla gadgettistica. Da tutti quei materiali, insomma, che rappresentano la nostra identità. Ci sono casi in cui è il marchio stesso ad avere la forza di svolgere tutti questi compiti. Accade quando il nostro simbolo prende vita e diventa un personaggio che parla, gioca, coinvolge, comunica. Un personaggio vivente. Un testimonial esclusivo che rappresenta tutti i nostri valori. 

Da Topolino, all’omino Michelin (indimenticabile la sua esaltazione nel film Ghostbusters), alle mascotte delle squadre americane. Il personaggio è al centro dell’identità di marca e della comunicazione, è brand e friend contemporaneamente.  Minnesota Timberwolves, squadra di basket che milita nell’NBA

L’NBA ha enfatizzato al massimo questi personaggi simbolo creando delle storie coinvolgenti che rappresentano sia il territorio che la passione dei tifosi, contraddistinguendosi per le capacità acrobatiche, in modo da farli sfidare prima di ogni match creando la sfida nella sfida.

Non tutti i mercati sono predisposti ad un logo così coinvolgente, ma molte strategie contemplano ormai una mascotte da affiancare al marchio. Un esempio su tutti le identità visive delle varie edizioni delle Olimpiadi.

Anche per le piccole medie imprese, un personaggio che ci rappresenti può essere un valido alleato per divulgare i nostri principi e coinvolgere grandi e piccini. Da utilizzare per qualsiasi situazione una comunicazione semplice e diretta con una grande capacità di riconoscibilità e coinvolgimento.

Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it

Categorie
Design

Ricercatore di simboli

8 luglio 2013  |  Graziano Giacani

ricercatore di simboli

Prendiamo un professionista del mondo della comunicazione visiva, un grafico o un art director, e togliamogli tutte le armi del mestiere. Via il computer con tutti i suoi programmi, via le matite, le penne, i fogli di carta. Via tutto, liberiamolo dai vincoli di una rigida postazione fatta da sedia, scrivania e tastiera. Lasciamo libero di vagare per strada. Che succede?

E’ proprio in queste particolari condizioni che trapela la vera “anima visiva”, che si capisce chi si nasconde dentro quei panni e sotto quegli occhiali. Chi? IL RICERCATORE DI SIMBOLI, un vero e proprio mestiere simile al ricercatore d’oro e al talent scout.

Nel momento in cui noi “artigiani delle immagini” veniamo privati di strumenti ed armi attraverso cui rielaboriamo la realtà trasformandola in simboli concettuali, quello che ci rimane è il “cuore” del nostro mestiere: la capacità e l’intuito di scovare nuove simbologie da una combinazione di oggetti, da un cambio di prospettiva, da una nuovo modo di fare o di pensare.

Questo pensiero mi è venuto alla mente qualche settimana fa in Inghilterra dove ho avuto l’occasione di incontrare un’agenzia pubblicitaria per chiacchierare sulla comunicazione nei nostri paesi. Sentivo l’esigenza (colpa di mia nonna) di non potermi presentare a mani vuote ma non sapevo bene cosa portare, di certo non qualcosa di scontato né qualcosa di troppo astratto (finto creativo).

Per un attimo mi sono sentito perso. Senza computer, senza Illustrator, senza una font, una stampante, un pack. Senza armi e forse anche senza “vestiti”. Nudo ed indifeso.

L’unica cosa che potevo fare era cercare, cercare ovunque, cercare di far combaciare la mia idea embrionale con quello che mi offriva spontaneamente il territorio.

Una sensazione non del tutto nuova, provata in parte navigando tra le gallerie di foto digitali, ma lo sforzo fisico di doversi spostare tra vie, piazze e negozi ha cambiato totalmente l’esperienza.

E alla fine come spesso accade l’idea che avevo sfocata in mente si è concretizzata.

Qualcuno l’ha già realizzata per motivi lontanissimi dai miei, ma sposa perfettamente il mio scopo.

Che cosa? Si tratta di un braccialetto dove il goffo tentativo di unire sacro a profano a mio avviso scatena un mix di contraddizioni che solo il nostro paese è in grado di generare.

Una cianfrusaglia senza valore, starete pensando. Un qualcosa utile solo a qualche “tamarro” sul lungomare della riviera, ma dal mio punto di vista racchiude in sé un’inaspettata panoramica sull’arte sacra, che ricorda tanto la nostra storia con cui è possibile addirittura rivivere le “sacre gesta” delle pie donne in chiesa intente a snocciolare il rosario. Tutto questo mixato da colori sgargianti propri del mondo fashion più estremo. Una fotografia del nostro paese inaspettata e bizzarra, a mio avviso l’oggetto giusto per presentarmi all’interessante confronto che mi attendeva.

Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it