21 luglio 2013 | Graziano Giacani
Ogni città, ogni paese, ogni frazione, in Italia possiede una sua forte identità.
Un’identità (mi piace questa parola, un giorno la scriverò sui bigliettini da visita) che spesso condiziona il carattere e le abitudini degli stessi abitanti. Rimasi colpito dall’osservazione di un amico che una volta, dopo aver visitato la mia città mi disse, con candore “Gli Jesini sono uguali al centro storico di Jesi, le grandi mura proteggono la loro riservatezza e un centro, un cuore, inaspettato e ricco di valori”.
Ciò che forgia i nostri luoghi è la storia, una storia fatta non soltanto di grandi monumenti ma anche di creatività. La stessa che ha portato, nel tempo, ad ottimizzare gli sforzi ingegneristici ed architettonici già fatti, adibendoli a nuove esigenze, magari aggiungendo dei pezzi o aprendo una finestra in alto, una porta in basso e così via.
Quello che apparentemente può sembrare uno scempio si è rilevato un valido metodo di conservazione e di ottimizzazione degli spazi. Il tempo ha scalfito alcuni edifici, ma nulla è stato abbandonato. Una volta, si usava fare così. Nulla si buttava, tutto poteva diventare altro. Molti templi romani non sono stati abbandonati, ma sono stati adibiti a Chiese o strutture di intrattenimento (Colosseo compreso). Questo modo di costruire, di aggiungere o togliere pezzi alla struttura originale ha creato scenari fantastici, inediti, inaspettati, in una parola non replicabili. Edifici dai forti valori di appartenenza, capaci di raccontare tutta la storia di quel luogo, in poche parole dei simboli a cielo aperto molto più caratterizzanti da quelli nati dalla matita di un designer che cerca di sintetizzare i valori percepiti. L’architettura italiana è plasmata dalla storia stessa del luogo.
Ciminiere della rivoluzione industriale che spuntano da bastioni medioevali, simboli pagani di epoca romana affiancati a figure religiose in una facciata di un palazzo signorile, cinte murarie addobbate da casette settecentesche, fornaci trasformate in biblioteche o in ristoranti: questo è il surreale scenario italiano che contribuisce a trasmettere una forte identità locale.
L’opposto della filosofia consumistica che invece genera i cosiddetti NON LUOGHI, posti costruiti da zero, concepiti per essere abbattuti facilmente (appena cambiano le esigenze di mercato), per essere replicati (alla stessa maniera) in tutto il mondo. Avete presente quei posti nei quali i momenti più attrattivi sono la loro inaugurazione e il loro abbattimento? Non posso concepire l’abbattimento di un teatro, di uno stadio, di un luogo di culto, vere e proprie icone del loro territorio che dovrebbero essere tutelate magari agevolando il loro utilizzo.
In un’era in cui l’unicità è un forte valore distintivo, che genera opportunità di ogni tipo, non solo bisognerebbe tutelare questi luoghi (che non hanno la bellezza e l’armonia dei grandi monumenti, ma per questo sono più autentici e più veri) ma creare anche i presupposti strategici e culturali per continuare a valorizzare qualsiasi luogo anche il più umile capace di rappresentare un certo contesto storico culturale.
Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it