8 luglio 2013 | Graziano Giacani
Prendiamo un professionista del mondo della comunicazione visiva, un grafico o un art director, e togliamogli tutte le armi del mestiere. Via il computer con tutti i suoi programmi, via le matite, le penne, i fogli di carta. Via tutto, liberiamolo dai vincoli di una rigida postazione fatta da sedia, scrivania e tastiera. Lasciamo libero di vagare per strada. Che succede?
E’ proprio in queste particolari condizioni che trapela la vera “anima visiva”, che si capisce chi si nasconde dentro quei panni e sotto quegli occhiali. Chi? IL RICERCATORE DI SIMBOLI, un vero e proprio mestiere simile al ricercatore d’oro e al talent scout.
Nel momento in cui noi “artigiani delle immagini” veniamo privati di strumenti ed armi attraverso cui rielaboriamo la realtà trasformandola in simboli concettuali, quello che ci rimane è il “cuore” del nostro mestiere: la capacità e l’intuito di scovare nuove simbologie da una combinazione di oggetti, da un cambio di prospettiva, da una nuovo modo di fare o di pensare.
Questo pensiero mi è venuto alla mente qualche settimana fa in Inghilterra dove ho avuto l’occasione di incontrare un’agenzia pubblicitaria per chiacchierare sulla comunicazione nei nostri paesi. Sentivo l’esigenza (colpa di mia nonna) di non potermi presentare a mani vuote ma non sapevo bene cosa portare, di certo non qualcosa di scontato né qualcosa di troppo astratto (finto creativo).
Per un attimo mi sono sentito perso. Senza computer, senza Illustrator, senza una font, una stampante, un pack. Senza armi e forse anche senza “vestiti”. Nudo ed indifeso.
L’unica cosa che potevo fare era cercare, cercare ovunque, cercare di far combaciare la mia idea embrionale con quello che mi offriva spontaneamente il territorio.
Una sensazione non del tutto nuova, provata in parte navigando tra le gallerie di foto digitali, ma lo sforzo fisico di doversi spostare tra vie, piazze e negozi ha cambiato totalmente l’esperienza.
E alla fine come spesso accade l’idea che avevo sfocata in mente si è concretizzata.
Qualcuno l’ha già realizzata per motivi lontanissimi dai miei, ma sposa perfettamente il mio scopo.
Che cosa? Si tratta di un braccialetto dove il goffo tentativo di unire sacro a profano a mio avviso scatena un mix di contraddizioni che solo il nostro paese è in grado di generare.
Una cianfrusaglia senza valore, starete pensando. Un qualcosa utile solo a qualche “tamarro” sul lungomare della riviera, ma dal mio punto di vista racchiude in sé un’inaspettata panoramica sull’arte sacra, che ricorda tanto la nostra storia con cui è possibile addirittura rivivere le “sacre gesta” delle pie donne in chiesa intente a snocciolare il rosario. Tutto questo mixato da colori sgargianti propri del mondo fashion più estremo. Una fotografia del nostro paese inaspettata e bizzarra, a mio avviso l’oggetto giusto per presentarmi all’interessante confronto che mi attendeva.
Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it